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Se avete amici, parenti, conoscenti o frequentazioni con persone che operano in ambito sanitario a qualsiasi livello, dal primario proprietario di clinica fino all’ultimo infermiere, sono pronto a scommettere che sarete d’accordo con me: non c’è alcuno che non si lamenti della situazione attuale, delle ricorrenti assurdità in sanità; tutti hanno tanti esempi, aneddoti o esperienza di prima mano a giustificare il proprio disappunto.

E certamente è vero che siamo un popolo di gente sempre pronta a lamentarsi e a non ammettere mai una condizione agiata e spensierata, tuttavia credo che in questo caso questa obiezione possa essere respinta.

La sanità è un sistema integrato (o disintegrato), in cui è primaria l’interdipendenza.

Anche il più affermato specialista che ha una routine di esercizio perfetta, ha bisogno che un altro anello della sua catena funzioni allo stesso modo. Le isole felici pagano un prezzo altissimo in un mare di disfunzioni; lavorano a vuoto in dinamiche inefficienti e nel tempo ne sono logorati.

In altre parole un sistema che non soddisfa nessuno (o quasi) né il privilegiato né l’ultimo inserviente è, ovvio dirlo, in attesa di un fallimento manifesto.

Mi riferisco alla mancata promessa di salute e di benessere dei propri cittadini.

Non so quanto sia calzante questa metafora ma è la migliore che ho: è come se stessimo sotto acqua e avessimo finito la riserva di ossigeno, continuare a trattenere il fiato o respirare, che dovrebbe essere la soluzione, significherebbero la morte: asfissia o annegamento. A Napoli si dice: e’ na mort amma murì.

Bisognerà però esercitarsi a trovare qualche rimedio…

Continua…

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Una risposta a "La Sanità: Esercizi Di Interdipendenza. Parte 8."

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