Solo i bambini si entusiasmano per le novità, solo i bambini e gli adulti che proteggono la propria ingenua curiosità, quelli senza conflitti di interesse con la verità e non ricattabili in dinamiche di potere. Gli adulti vecchi, che non si vedono proiettati nel futuro, devono solo difendersi dalla possibilità che qualcosa cambi. Non importa se in meglio o peggio. Hanno bisogno che nulla cambi. Operare una radicale scelta alimentare e di stile di vita può essere definito “eccessivo”, “poco pratico”. Ma quanto è pratico vivere invalidato nel respiro, col dolore in petto, nel fisico e nell’animo? Vivere a 60 anni o a 50 anni con un cuore ammalato e un destino segnato? Quanto è pratico avere il torace aperto, il cuore esposto e fermato, dopo che il proprio sangue è stato deviato ad una macchina che lo pompa artificialmente, e una vena nella gamba è stata asportata per un bypass aorto-coronarico? Quanto è pratico “non sapere” che ammalarsi di cuore non è un naturale segno del tempo e dell’invecchiamento? Sarà pure radicale cambiare stile di vita, ma credo che sia un tantino superficiale non far sapere ai pazienti, o aspiranti tali, che cambiando radicalmente alimentazione e stile di vita possono “guarire il cuore” o addirittura “non ammalarsi” come i ¾ della popolazione mondiale. Lasciare loro la scelta mi sembra il minimo. Offrire loro un supporto che li incoraggi in questa scelta per niente costosa, gestibile in modo indipendente e autonomo, mi sembra doveroso in un paese in via di “sottosviluppo” come il nostro, dove la Costituzione vorrebbe timidamente garantire il diritto alla salute di ciascuno.
Per poter cambiare è necessario non sentirsi soli. Bisogna condividere, bisogna darsi forza e sostegno a vicenda. Bisogna ridere del proprio cambiamento. Quando si discute un argomento qualsiasi, tutti conoscono la soluzione, tutti saprebbero come fare, ma poi nel passo individuale di cambiamento c’è il vuoto intorno che diventa interno, che condanna al fallimento. Questo quindi è anche un appello a colleghi cardiologi e non, ma in realtà è aperto a chiunque voglia in condivisione cominciare a cambiare e, come effetto collaterale, rischiare di far bene al proprio cuore.
Allora, può guarire il cuore quando si ammala? Si può avere l’arroganza e l’irriverenza di credere che un cardiopatico possa sperare in una vita non da cardiopatico? E morire magari di qualcos’altro? O scegliere eventualmente di vivere? Non sarebbe bellissimo? Sarebbe così bello sperare che fosse vero! Così bello che è vero!