Sono da poco tornato da Palermo, ci ero già stato qualche anno fa, ed ero andato in un laico pellegrinaggio sia in via D’Amelio che a Capaci, che sotto il palazzo dove abitava Falcone (anche lì c’è un albero con messaggi sempre  attuali). Ho sempre sentito il bisogno di non dimenticare. Ma sabato, con la marcia e il convegno, e domenica, con il minuto di silenzio alle 16,55,  ci sono stati momenti di libertà. La mafia è una cappa che tenta di coprire tutti. Mi sono accorto che questo grandioso lavoro di condivisione delle informazioni, del fare rete orizzontale, di incontrarsi con le persone è servito, almeno  a me, a sentirmi fuori da questa cappa. La gente in via D’Amelio era lì per chiedere la verità sulla strage, per inchiodare Nicola Mancino alle sue bugie, per inchiodare i servizi segreti dello stato alle loro bugie. Ma l’effetto collaterale positivo è che le persone informate, che sanno provare empatia per le vite degli altri, attraverso il proprio scambio possono superare la mafia, che ha bisogno di paura, intimidazione e miseria sociale per alimentarsi. Così come lo stato ha bisogno del segreto di stato per impedire alle persone libere di capire, e di giudicare.

Scrivo mentre desidero di tornarci il prossimo anno. Sperando di trovare sempre più gente e sempre più palermitani. Sempre più gente libera.

Sono andato su una montagna da dove si poteva vedere tutta Palermo, da Brancaccio al castello Utvegio, fino a Monreale. Si poteva vedere lo schifo di palazzoni costruiti senza bellezza solo per fare soldi. Mi ricordavano che a quei tempi si usava lo slogan “Palermo ancora più bella”: per far accettare l’orrore lo si chiamava bello.

Cosa c’entra questo con la medicina? Con la chiropratica? Tutto, c’entra tutto.

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