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L’affermazione letta nell’articolo precedente basterebbe da sola a scardinare le fondamenta della cardiologia, a meno che non si dimostrasse che è falsa. Non vi preoccupate, non è stato fatto nessuno sforzo per dimostrarne la falsità.

Quando un’arteria si occlude lentamente, nell’arco di anni si formano tante piccole arterie collaterali che bypassano l’ostruzione. Infatti, non è raro che in persone con arterie coronariche completamente chiuse, il muscolo cardiaco a valle sia irrorato ugualmente. Invece, quando una placca di grasso ostruisce solo il 30-50% di un’arteria, paradossalmente, la situazione è più pericolosa. Le arterie vanno a rimpicciolirsi fino a diventare capillari piccolissimi che poi si trasformano in vene che al contrario vanno via via ingrandendosi fino al ritorno al cuore. Se il flusso di sangue danneggia la placca di aterosclerosi6 fino a romperla e farne staccare un pezzo, questo viaggia fino a incastrarsi un po’ più avanti, dove l’arteria si fa più piccola. Quindi, all’improvviso, la chiude senza però che ci sia stato il tempo per la formazione di un circolo collaterale. Questa è la descrizione di un infarto acuto. Bene, in America si spendono duecentocinquanta miliardi di dollari all’anno per la cardiologia, senza nemmeno trattare le lesioni più a rischio di infarto.

Le linee guida nutrizionali americane pubblicano regolarmente aggiornamenti sulle raccomandazioni alimentari (dicono quanto mangiare di questo, quanto di quello…). Sono stilate da commissioni governative con esperti del settore. Purtroppo sono tutt’altro che indipendenti e per questo Esselstyn chiede che siano epurate dall’influenza della politica e dell’industria. Si raccomanda una dieta con non più del 30% di grassi e di mantenere il colesterolo al di sotto di 200 mg/dl. Purtroppo, numerosi studi confermano che chi segue queste raccomandazioni non previene, non ferma, ma piuttosto fa progredire la malattia.

Viene da chiedersi perché si espongano milioni di persone allo sviluppo e alla progressione della  malattia con queste raccomandazioni. A causa del rispetto dato a queste organizzazioni,   molti dottori e pazienti credono che seguirne le raccomandazioni protegga dalla malattia cardiaca [coronarica ndr]. Nello studio Framingham, il 35% della malattia ischemica colpì pazienti con il     colesterolo tra 150 e 200 mg/dl. Nello Studio “Cholesterol And Recurrent Event” (CARE), la media del colesterolo nei pazienti con storia di infarto era di 209 mg/dl. Il Dott. Grundy, a capo del programma di Educazione sul Colesterolo (NCEP), dichiarò, circa quattordici anni fa [ora siamo a        ventuno anni fa ndr], che si sarebbe potuto prevenire il 90 % degli infarti se la popolazione    avesse avuto un livello di colesterolo di 150 mg/dl. Ad ogni modo, né il Consiglio Nazionale di Ricerca, né l’American Heart Association, né il NCEP fanno qualcosa per dimostrare che con la   dieta si potrebbe ottenere questo risultato.

In altre parole, nonostante si abbiano gli strumenti per bloccare questa catastrofe sanitaria, oltre che umana, le autorità continuano a fare raccomandazioni che garantiscono la malattia. È atroce. Il pubblico non percepisce i conflitti di interesse dietro le raccomandazioni alimentari. Il pubblico si fida.

Andare all’attacco

Come ho già riportato [in studi già pubblicati ndr] un’alimentazione a base vegetale insieme a     farmaci per ridurre il colesterolo, in dodici anni, ha eliminato la progressione della CAD [coronaropatia² ndr] in pazienti con malattia trivasale7.

Questa affermazione è molto provocatoria. Ci spiega che la progressione della coronaropatia² è stata fermata, mentre è convincimento comune che si possa solo tentare di rallentarla. L’idea di guarire il cuore non è contemplata. Alzi la mano il paziente cardiopatico che abbia mai avuto prospettata la possibilità di guarire!

Allo studio parteciparono diciotto persone seriamente ammalate di cuore:

La maggior parte dei diciotto pazienti aveva vissuto il fallimento di interventi di bypass e  angioplastica. Tutti i pazienti che condussero la dieta proposta centrarono l’obiettivo di un  colesterolo minore di 150 mg/dl e in 12 anni non si verificò nessun evento coronarico.

Dopo cinque anni furono ripetute le angiografie: in nessuno dei casi si era avuta una progressione dell’occlusione (stenosi4) e il 70% dei pazienti aveva avuto un selettivo miglioramento della malattia.

Potremmo fermarci anche qui. Queste informazioni sono riportate nelle prime due pagine di questo articolo scientifico privo di grafica accattivante e glamour. Ripensate a quello che avete letto e se ritenete che siano informazioni assolutamente straordinarie, proseguite.

Continua…

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