L’olocausto va contestualizzato nella storia; va collocato in un prima ed in un dopo, per scoprire che non è stato l’evento unico e non è stato né il primo né l’ultimo. Quello che ho imparato nel tempo e durante la visita dalla guida al campo, molto appassionata devo dire, è questo:
- Il campo di concentramento era chiamato “campo di lavoro”; all’ingresso la scritta recitava “il lavoro rende liberi”.
- L’operazione era avvolta dal segreto militare (ci sono documenti firmati dagli stessi ufficiali che dichiaravano che non avrebbero raccontato fuori ciò che accadeva nei campi).
- Ciò che realmente è accaduto è rimasto segreto fino a pochi mesi prima che fu liberato il campo.
- I forni crematori erano posti al di fuori del campo, avevano un’architettura che ne celava la destinazione d’uso, al punto che da una visita dei membri della croce rossa questi non li videro e non si accorsero della loro esistenza.
- Chi abitava nei pressi del campo non aveva che solo un sospetto delle reali attività svolte all’interno.
- Nel campo i tentativi di fuga avevano l’obiettivo di far sapere all’esterno quello che accadeva all’interno.
- Quando ormai si era alla fine e i militari tedeschi cercarono di distruggere tutto per non lasciare prove (infatti il campo due Birkenau ha solo poche baracche inalterate e i due forni crematori sono stati abbattuti e le macerie sono ancora lì intatte).
- Nonostante l’abbondanza di prove su quello che accadde c’è ancora qualcuno che nega che tutto ciò sia mai successo.