Ciascuno di noi si muove in un ambiente gravitazionale. Dialoghiamo con la forza di gravità costantemente e prendiamo accordi continui e istantanei per eseguire i movimenti che vogliamo.
La nostra capacità di muoverci è funzione della coordinazione e la sincronizzazione che si sviluppa tra i movimenti degli occhi, del capo e degli arti.
Gli occhi hanno una piccola area di messa a fuoco mentre la periferia del campo visivo è sfuocata. I movimenti oculari ci permettono di scannerizzare lo spazio, ci forniscono una mappa dello spazio. In questa mappa noi ci muoviamo. La maggior parte del nostro campo visivo è fuori fuoco. Noi ci muoviamo, possiamo dire, usando la visione perifierica.
Quanto è importante tutto ciò in una attività motoria fine come quella necessaria per suonare il piano?
In questo video attraverso un sistema che permette di tracciare dove gli occhi guardano sono messi a confronto un pianista professionista con decenni di esperienza, Daniel Beliavsky, e una studentessa al 2° anno.
Il confronto viene fatto sia mentre eseguono un pezzo a memoria sia mentre suonano un pezzo nuovo dovendo leggere lo spartito.
Si può vedere come il pianista professionista muove gli occhi molto di meno, usa la sua visione periferica con maggiore efficienza, e quando legge lo spartito guarda poco (quasi per niente) la tastiera.
Si può notare anche come il pianista con esperienza mantiene lo sguarda tra le due mani e quando per un istante guarda una mano, subito torna al centro.
Questo piccolo esperimento che riguarda funzioni raffinate è di molto aiuto per capire in che modo è possibile disegnare strategia di riabilitazione in neurologia.
Potete approfondire i meccanismi oculari qui